martedì 2 dicembre 2014

Il vero Nepal

Il turista atterra all'aeroporto,  visita le attrazioni piu importanti della citta o della valle di Kathmandu,  dorme all'hotel, cena al ristorante, fa un trekking e poi rientra a casa. Parla con gli amici e racconta che il Nepal è un paese di una gentilezza sconfinata, che le persone ti fanno sentire a casa, che ti trattano con estremo rispetto.  Alla domanda sulla povertà egli risponde probabilmente che ce né. Il turista racconta delle sue sensazioni di cuore che il Nepal gli ha trasmesso.
Se il turista invece rimane qualche settimana in più rispetto al tour classico, e gli capita di parlare con delle persone locali magari davanti ad una tazza di tè o ad un piatto di Momo, si accorge che nel paese ci sono delle cose che non funzionano: possiamo partire parlando della politica totalmente anarchica, della mancanza di una costituzione, della mancanza di una cassa pensione che ti permette una vecchiaia decente (a differenza di cio che ho scritto un mesetto fa, le tasse le pagano eccome, solo che finiscono in sacoccia a qualche funzionario), della mancanza di aiuti finanziari per strutture come le scuole o gli orfanotrofi.  Poi si può passare a parlare del ruolo sottomesso e discriminato della donna.
Il turista che ha la fortuna come me di stare alcuni mesi in un paese ed entrare a contatto con professioni sociali impara a conoscere la realtà per come è, spesso povera, con vissuti di strada,  dinamiche disumane che mai vorresti conoscere e tanto meno vedere.
Oggi sono andata con Raj, Puja e Neha in un centro di recupero per tossico dipendenti e drogati a trovare 3 ragazzi che stavano presso happy home, che stanno cercando di venirne fuori. In questa struttura ho conosciuto delle persone meravigliose che aiutano questi ragazzi cercando di dargli speranza e un futuro degno della loro età.
Rientrata all'orfanotrofio ho visto un filmato agghiacciante sulla storia dei bambini di strada,  un documentario di un'ora  creato dal marito di Puja, per mostrare la realtà di questi ragazzi che sniffano droga e colla per sballarsi, per non pensare al fatto che sono soli, che la pancia è vuota e che non esiste un domani. Nel documentario si vedono i ragazzi che dormono per terra, per strada, senza nessuno che bada a loro.  Non hanno casa, non hanno genitori, e vivono come cani randagi.  Io non ci credo, dico loro che non può essere vero, che non deve esistere questo e che può essere solo finzione.  Loro mi dicono: "adesso vieni con noi e vedrai". Io cammino per le strade buie, vedo cagnolini rannicchiati ai bordi della strada,  sento puzza di urina e poi improvvisamente vedo un bimbo sgusciare in un vicolo buio, un altro con in braccio il fratellino attraversa la strada correndo,  ed è notte fonda,  ma nessuno ci bada. E poi quel piccolo corpicino che non si sa se respiri o no, raggomitolato su un pezzo di cartone senza scopo di esistere. Io urlo: "portatemi via di qua", sono a pezzi,  il respiro è un rantolo e i singhiozzi mi scuotono corpo e anima.
Alla televisione si vede tutto questo, ma spesso si cerca di non dargli peso perché sarebbe come ammettere la sconfitta; e poi rimane facile cambiare canale o tornare alla vita di tutti i giorni. Io i visi del documentario li ho visti all'orfanotrofio happy home in questi giorni. Sono passati 6 anni dalla creazione del documentario, e questi visi hanno il sorriso sulle labbra, un'istruzione in pieno corso e l'amore di una grande famiglia.  Per fortuna esistono persone di cuore come Bishwa e sua moglie che tolgono alcuni di questi bambini dalle strade regalandogli un futuro!!

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