lunedì 1 dicembre 2014

il primo giorno all'orfanotrofio : mercoledi 26 novembre

Stamattina mi sono alzata con molta energia in corpo,  sapendo che la giornata mi avrebbe concesso l'onore di ritornare all'orfanotrofio dove ho lasciato parte del mio cuore alcune settimane fa. Alle 13:00 ho appuntamento al mio hotel con Rabin, volontario nella struttura happy home, per farmi condurre presso di loro. All'orario prestabilito lui non riesce ad arrivare e giunge da me con 3 ore di ritardo perché ce un grande meeting politico internazionale in città che causa blocchi stradali e molti disagi al traffico. Alle 16 circa entriamo all'orfanotrofio. Una decina di maschietti giocano a calcio, una trentina di altri fa il tifo, alcune bimbe sono sedute tranquille ad ingannare il tempo, le piu grandi si occupano di tagliare la verdura per la cena. Io entro nell'atrio e mi siedo su uno sgabellino. Mi offrono il tè di benvenuto ed io osservo cio che accade fuori e dentro di me. Non mi prodigo in mille scenette, non mi butto nella mischia, non cerco la loro approvazione; aspetto, paziento e colgo gli sguardi d'insieme, gli occhi curiosi che sguazzano su tutto cio che mi riguarda. Perché me ne sto ad osservare?  Perché non sono già in campo a giocare? Sto sperimentando ciò che capita tra un bimbo e un adulto nell'istante in cui fa la sua entrata in scena. Ma cosa vedono i bimbi che agli adulti sfugge? Cosa sentono? Sono empatici, i loro occhi e i loro sensi in generale captano tutto. Loro non sono distratti da nulla, ti guardano, ti sentono e ti disarmano totalmente. Sei nudo davanti a loro; niente piu trucchetti, nessuna parola.
Alle 17 nella casa delle ragazze si prega i vari dei (non esistono solo le religioni induista e buddista,  ma anche quella cristiana e mussulmana). Le ragazze cantano alle entità superiori, senza per forza dover scegliere a chi rivolgersi nello specifico. Mi ha colpito molto la voce forte, profonda e convinta di alcune ragazze che a turno conducono il gruppo nel canto di preghiera. Nessuno ha paura di far sentire la propria voce forte e chiara,  nessuno ha paura del giudizio, nessuno canta perche deve, ce il piacere dietro tutto cio e la convinzione che questo rito importante e quotidiano gli permetta di ripagare la fortuna di essere stati salvati. Il tamburello scandisce il ritmo e tutte e 25 partecipano, si uniscono in un progetto di vita comune: l'unione nell'avversione! Finita la mezzora di canti i bimbi si uniscono intorno a me e ci intendiamo a meraviglia.  A parole? Potremmo visto che parlano inglese,  ma non accade a parole. È a gesti, a sospiri, a versi.
La mia entrata in scena oggi non è stata festosa, non è stata plateale, è stata silenziosamente sorridente. Non ce stato bisogno di usare le parole; i miei occhi a turno incontrano i suoi, il suo sorriso si unisce al mio, e l'alchimia si sprigiona all'istante.  I bambini hanno la capacità di amarti senza pregiudizi nè blocchi.  Loro ti lanciano il loro cuore,  e tu puoi decidere se fare il giocoliere o se custodirlo accanto al tuo. Gli occhioni che mi hanno tanto colpita, mi trafiggono ancora l'anima; sono occhi vissuti,  accompagnati però da un grande coraggio di mettersi in prima linea a lottare. Famiglia? Assolutamente si, lo sono. I più grandi si occupano dei più piccoli con amorevolezza e umiltà.  I piccoli li ricompensano con un abbraccio di panna e zabaione.Oggi non ho visto nessuno discutere, nessuno litigare, nessuno cenare alzando la voce. Una mano aiuta l'altra,  un favore non presuppone l'essere ricambiato,  una carezza contiene tanto amore, e loro anche se hanno perso tutto sanno di avere una chance ancora. 

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