Stamattina vado al terminal dei bus ad informarmi sugli orari in partenza per la città di Cochabamba. Venerdì o sabato dovrei lasciare definitivamente La Paz e spostarmi 7 ore a sud. Mi dispiace già solo al pensiero di lasciare questo ambiente così ospitale, questo ostello tanto accogliente, queste strade che vanno su e giù ricordando un po' San Francisco. In fin dei conti quando sono in città passo le ore a camminare percorrendo le stesse strade senza annoiarmi mai. Questa cittadina distesa su 1000 metri di dislivello mi fa sentire accolta e amata, difficile spiegarlo a parole.
Proseguo il mio giro mattutino telefonando ai miei genitori che da un po non sentivo e termino la mattinata al ristorante vietnamita. Nel pomeriggio mi dedico allo shopping di souvenirs e a caccia di qualche chiacchiera qua e là. È domenica e gli spettacoli per strada non mancano: oggi assisto ai numeri straordinari di alcuni calciatori, alle prodezze di alcuni circensi e ballerini e alla bravura teatrale di un duo giovanile.
Verso le 17 rientro in ostello e mi riposo un po'. Caspita mi devo attivare perché devo preparare lo zainetto per la mia partenza di domani. E dove vado? Faccio un'escursione in bicicletta che mi porterà a 1300 m di altitudine, dopodiché mi fermerò in questa zona boschiva per qualche giorno. Dicono ci sia molta possibilità di fare escursioni, trekking, discese in gommone sui fiumi, relax nelle vasche termali e soprattutto godersi il tepore delle basse quote. Non mi dispiace affatto pensare di andare un po' al calduccio finalmente! Alle 7.30 dovrebbero passare a prendermi, quindi deve essere tutto pronto.
Per cena decido di andare a nutrirmi nel localino piccolo e accogliente ubicato di fianco all'ostello; ma appena metto piede fuori dalla porta ricordo che è domenica e che quindi è chiuso. Faccio due passi e vengo attratta dalla musica di una fanfara. Che ci sarà da festeggiare pure stasera? Centra qualcosa la politica ma non so di preciso di cosa si tratti. Cammino fino ad un fast food e mi prendo un panino. Lo porto via perché non me la sento di rientrare tardi, me lo mangerò all'ostello. Le strade sono abbastanza deserte di domenica sera e quindi meglio fare attenzione. Pensavo di mangiare nel patio ma i miei piedi mi spingono al primo piano, poi al secondo e infine alla terrazza. Rimango a bocca aperta... la città mi abbraccia con tutto il suo calore! Mi sembra di essere entrata in uno stadio, e tutto intorno a me la gente con le luci alla mano marca la sua presenza. Mi giro e mi rigiro ma loro sono sempre li, come a volermi dire di vivermi la mia pièce, il mio momento. "Noi ci siamo e sempre ci saremo, tu segui il tuo cuore... la nostra luce illuminerà il tuo cammino ovunque andrai e ricorda che non sarai mai sola". Alzo le mani al cielo e afferro la luna piena. È sopra di me e con tutta la sua pienezza mi parla nel linguaggio celestiale. Sono un tutt'uno con questa città, con questo stadio e con questa gente. Il delirio della musica che emana la fanfara arriva al mio orecchio sino in terrazza... ballo sotto le stelle, questo ballo sublime che è la vita. Un sorriso aleggia sul mio viso, nessuno lo vede, è buio, ma io lo sento sul cuore. Felicità errante, felicità consapevole, felicità leggera e colma di passione. Ora lo stadio canta l'inno del mio essere: " pensa, credi, sogna e osa!".
Proseguo il mio giro mattutino telefonando ai miei genitori che da un po non sentivo e termino la mattinata al ristorante vietnamita. Nel pomeriggio mi dedico allo shopping di souvenirs e a caccia di qualche chiacchiera qua e là. È domenica e gli spettacoli per strada non mancano: oggi assisto ai numeri straordinari di alcuni calciatori, alle prodezze di alcuni circensi e ballerini e alla bravura teatrale di un duo giovanile.
Verso le 17 rientro in ostello e mi riposo un po'. Caspita mi devo attivare perché devo preparare lo zainetto per la mia partenza di domani. E dove vado? Faccio un'escursione in bicicletta che mi porterà a 1300 m di altitudine, dopodiché mi fermerò in questa zona boschiva per qualche giorno. Dicono ci sia molta possibilità di fare escursioni, trekking, discese in gommone sui fiumi, relax nelle vasche termali e soprattutto godersi il tepore delle basse quote. Non mi dispiace affatto pensare di andare un po' al calduccio finalmente! Alle 7.30 dovrebbero passare a prendermi, quindi deve essere tutto pronto.
Per cena decido di andare a nutrirmi nel localino piccolo e accogliente ubicato di fianco all'ostello; ma appena metto piede fuori dalla porta ricordo che è domenica e che quindi è chiuso. Faccio due passi e vengo attratta dalla musica di una fanfara. Che ci sarà da festeggiare pure stasera? Centra qualcosa la politica ma non so di preciso di cosa si tratti. Cammino fino ad un fast food e mi prendo un panino. Lo porto via perché non me la sento di rientrare tardi, me lo mangerò all'ostello. Le strade sono abbastanza deserte di domenica sera e quindi meglio fare attenzione. Pensavo di mangiare nel patio ma i miei piedi mi spingono al primo piano, poi al secondo e infine alla terrazza. Rimango a bocca aperta... la città mi abbraccia con tutto il suo calore! Mi sembra di essere entrata in uno stadio, e tutto intorno a me la gente con le luci alla mano marca la sua presenza. Mi giro e mi rigiro ma loro sono sempre li, come a volermi dire di vivermi la mia pièce, il mio momento. "Noi ci siamo e sempre ci saremo, tu segui il tuo cuore... la nostra luce illuminerà il tuo cammino ovunque andrai e ricorda che non sarai mai sola". Alzo le mani al cielo e afferro la luna piena. È sopra di me e con tutta la sua pienezza mi parla nel linguaggio celestiale. Sono un tutt'uno con questa città, con questo stadio e con questa gente. Il delirio della musica che emana la fanfara arriva al mio orecchio sino in terrazza... ballo sotto le stelle, questo ballo sublime che è la vita. Un sorriso aleggia sul mio viso, nessuno lo vede, è buio, ma io lo sento sul cuore. Felicità errante, felicità consapevole, felicità leggera e colma di passione. Ora lo stadio canta l'inno del mio essere: " pensa, credi, sogna e osa!".
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