martedì 28 aprile 2015

le isole


Il viaggio di notte da Cuzco a Puno è andato bene, anche se le ore di sonno sono state troppo poche per poterci sentire fresche ed in forma. Arriviamo in città alle 5 e in quindici minuti siamo già all'hotel. La porta è aperta e il ricezionista ci da le informazioni di rito e ci fa sentire le benvenute! Prenotiamo un tour per visitare le isole Uros e Taquile e la partenza è prevista per le 7.15. Riusciamo a fare colazione e poi via per la sfacchinata. Sul bus salgono 2 uomini italiani e subito ci mettiamo a chiacchierare. Al molo ci imbarchiamo su una lancia che dopo una navigazione di 45 minuti sul lago Titicaca ci fa sbarcare su una delle isole Uros (patrimonio dell'Unesco). Ad attenderci c'è la famiglia che vive sull'isola con abiti colorati e con il sorriso sulle labbra. Scendono tutti e io rimango scioccata: sembra l'invasione degli orsi in Sicilia. Una volta che sono scesi tutti  sull'isola non c'è più posto. La famiglia si diletta in spiegazioni, balli, ecc, super turistico, e l'ho odiato sin dall'inizio. Cosa hanno di particolare queste isole?? Queste particolari isole sono dette “fluttuanti” in quanto sono costruite su ceppi di radici legati insieme e ricoperte da canne di bambù. Ogni 15 giorni la famiglia che vive sull'isola sostituisce lo strato in superficie per fare in modo che l'isola non si deteriori. Una particolarità è che i loro abitanti possono levare le ancore e spostare le isole come fossero delle chiatte. I primi Uros si sono spostati dalle sponde del lago Titicaca sul lago stesso, per sfuggire ai loro vicini bellicosi, tra i quali il popolo degli inca. Hanno cominciato a costruire questo loro arcipelago con canne di totora e lo hanno ancorato al fondo del lago. All’inizio l’etnia Uros era unica, con un suo sistema sociale e religioso, e pure la lingua era diversa dai loro vicini che parlavano aymara, e dai bellicosi inca che conquistarono le sponde del lago e che parlavano invece quechua. Ora però gli Uros di stirpe pura sono spariti; erano infatti un popolo aperto e pacifico, e tramite scambi commerciali con gli altri abitanti del lago e successive unioni miste, un po’ alla volta le caratteristiche del popolo sono andate perdute.
Dopo questa turistica ma interessante visita risaliamo in barca e veniamo condotti su un'altra isola, non fluttuante e molto grande. Si chiama Taquile.
Le attrazioni turistiche più popolari di Taquile sono i suoi paesaggi, dominati dai terrazzamenti su più livelli, dove vengono coltivate patate, fagioli, mais, quinoa. Sull’isola si trovano anche colline e scavi archeologici.
Durante la conquista spagnola, Taquile è stata utilizzata come prigione. L’isola divenne proprietà del popolo di Taquile nel 1970.
I suoi cittadini indossano vestiti colorati diversi in base al loro status sociale. I leader indossano chullos neri (berretti), gli uomini sposati, quelli rossi; i celibi quelli color rosso o bianco (lo stesso vale per le donne). Le donne indossano gonne multistrato e delicate camicette ricamate. I tessuti Taquile, che riflettono anche costumi e credenze, sono intensamente colorati e sono tessuti squisitamente fatti a mano.
La nostra camminata dura un'ora e ci conduce attraverso villaggi, archi e sentieri a strapiombo sui terrazzamenti. Ci fermiamo a pranzo da una famiglia locale. Fede purtroppo non sta bene e riesce a godersi poco questo piccolo paradiso. Ci viene cucinata una deliziosa trota e dopo pranzo la famiglia si prodiga in balli e musica. Questa isola ha qualcosa di speciale, ma non saprei dire cos'è. Emette una sorta di energia che viene dalla terra. Certo che camminare su questa isola senza il gruppo di 40 persone sarebbe stato molto diverso. 
Rientriamo in hotel abbastanza stravolte ma alle 19 siamo già di nuovo in pista e andiamo a cena con Roberto e Luciano. Oggi sono stati proprio gentili con noi, Fede non stava bene e loro l'hanno aiutata in mille modi. Ci hanno pure pagato la cena. Arrivate le 22 andiamo però a dormire perché  la stanchezza si fa sentire. 

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